La motivazione è una configurazione organizzata di
esperienze soggettive che consente di spiegare l’inizio, la direzione,
l’intensità e la persistenza di un comportamento diretto a uno scopo.
Distinguiamo anzitutto tra la motivazione da incentivazione e quella da pulsione: facciamo certe cose per via
delle conseguenze che portano (vedi i riassunti sul condizionamento operante) e
altre perché siamo spinti da una necessità interna. Nel primo caso rientrano
tutte le cose piacevoli che in quanto tali vengono ricercate mentre nel secondo
rientrano quelle necessarie come il cibo.
Motivazione da
incentivazione.
La motivazione da incentivazione è la spinta verso cose che
danno piacere. Evolutivamente possiamo immaginare il piacere associato a
stimoli favorenti la conservazione della specie e di conseguenza pensare alla
motivazione come a una caratteristica adattiva. L’apprendimento in questo senso
gioca un ruolo fondamentale nella motivazione, da un lato perché impariamo a
desiderare i cosiddetti rinforzi secondari (stimoli neutri diventati salienti
in seguito all’apprendimento) dall’altro perché moduliamo l’efficacia dei
rinforzi primari (possiamo essere più motivati a studiare per l’esame che a
dormire). Una volta appreso che un determinato stimolo è piacevole quello
stimolo assume una salienza incentivante ovvero viene associato all’aspettativa
del suo effetto, questa anticipazione cattura l’attenzione e guida il
comportamento. Possiamo distinguere due momenti: il momento in cui vogliamo
qualcosa (anticipazione del piacere) e il momento in cui raggiungiamo quella
cosa (piacere).
Secondo la teoria comportamentista la motivazione da
incentivazione sta alla base della motivazione d’attaccamento. La logica
sarebbe quella del rinforzo negativo: un bambino si attacca alle
caratteristiche materne (il viso, l’odore, il tono di voce, ecc.) perché
associate con la cessazione di stimoli avversivi come la fame.
A livello neurologico il piacere è mediato dal sistema
cerebrale dopaminergico: i neuroni di questo sistema partono dalla parte
superiore del tronco encefalico e inviano i loro assoni attraverso il nucleo
accumbens fino alla corteccia prefrontale.
Motivazione da
pulsione.
La nostra vita dipende dall’equilibrio tra i nostri sistemi
fisiologici (omeostasi: stato interno costante). Se abbiamo freddo dobbiamo
cercare di far salire la temperatura, se abbiamo fame dobbiamo cercare del
cibo, se abbiamo sete dobbiamo cercare dell’acqua e via dicendo.
Nella risposta a queste necessità possiamo intendere la
motivazione come la spinta indotta dal processo omeostatico verso la messa in
atto di determinati comportamenti. Ad esempio se la temperatura diminuisce
potremmo esperire tutta una serie di sensazioni fisiche sentire i muscoli
iniziare a tremare per produrre calore (brividi), i peli rizzarsi, l’aumento del
battito cardiaco, ecc. Allo stesso tempo saremmo motivati a mettere in atto
comportamenti atti a contrastare il freddo come indossare una maglia o cercare
un luogo più riparato.
Riferendoci a Maslow possiamo ascrivere la motivazione da
pulsione a tutti quei bisogni situati alla base della sua piramide. Il modello
di Maslow prevede cinque livelli: alla base ci sono i bisogni fisiologici, poi
il bisogno di sicurezza, successivamente di amore e di appartenenza, di stima e
al vertice il bisogno di autorealizzazione. Questo modello è stato aspramente criticato
per la sua struttura gerarchica che prevede la necessità di soddisfare i
bisogni nell’ordine in cui sono espressi (prima quelli fisiologici fino ad
arrivare all’autorealizzazione).
Una distinzione classica tra le tipologie di motivazione
riguarda la differenza tra motivazione
estrinseca e motivazione intrinseca.
La motivazione
estrinseca può essere in buona parte intesa come la motivazione da
incentivazione (la differenza è più teorica che sostanziale). In entrambi i
casi il rinforzo gioca un ruolo fondamentale nell’orientare il comportamento.
Un buon rinforzo deve essere contingente alla prestazione, specifico a un
determinato comportamento e deve essere credibile (dire bravo a un bambino che
non ha saputo rispondere bene alle domande non funziona nel motivarlo).
I rinforzi possono essere di tre tipologie differenti:
rinforzi vicarianti (viene dato ad altri), rinforzi controllati (si
caratterizzano come forme di coercizione esterna: “così mi piaci”, “sono
d’accordo su come hai risolto il problema”, ecc.) e rinforzi informativi
(informano su come si sta procedendo nel compito: “bravo hai risolto il
problema utilizzando la giusta regola”).
La motivazione alla pulsione può rappresentare un tipo di
motivazione intrinseca completamente circoscritta all’ambito biologico. Invece
in questo paragrafo faremo riferimento alla motivazione intrinseca intesa come spinta interna a mettere in atto
dei comportamenti non mediata da rinforzi esterni. In generale possiamo dire
che la motivazione intrinseca si ha quando ci si impegna in un'attività perché
la trova stimolante e gratificante di per se stessa.
Possiamo delineare diversi tipi di motivazione intrinseca:
- Curiosità epistemica: un bisogno innato già presente nei bambini molto piccoli che consiste nella curiosità sul funzionamento delle cose. Per Berlyne (1960) un bisogno universale di conoscere e di apprendere, bisogno che si manifesta tramite l’esplorazione dell’ambiente, motivata solo dal desiderio di sapere.
- Motivazione di effectance: bisogno di controllare l’ambiente e le situazioni e di sentirsi competenti ed efficaci. Se il bambino viene sostenuto nei suoi primi tentativi di padronanza sviluppa un sistema di auto ricompensa che rende sempre meno importante l’approvazione esterna per la messa in atto dei suoi comportamenti.
- Teoria dell’autodeterminazione: questa teoria operazionalizza una situazione abbastanza comune. Capita sovente che l’obbligo di fare qualcosa ci toglie la voglia di farla mentre se nessuno ci obbliga o non abbiamo scadenze facciamo la cosa volentieri. La teoria dell’autodeterminazione dice proprio che la situazione di libera scelta mantiene o accresce la motivazione per il compito più di quanto avviene nel caso vi sia un’imposizione esterna.
L’agire e le conseguenze della messa in atto di un
comportamento sono influenzati dagli stili motivazionali propri di ciascun
individuo. Ogni stile di motivazione
ha delle caratteristiche che guidano l’approccio ai problemi che un individuo
si trova ad affrontare. In generale possiamo dire che lo stile motivazionale
sia il modo in cui l’individuo affronta abitualmente le situazioni della sua
quotidianità. Eronen, Nurmi e Samela-Aro (1998) ne hanno individuati quattro:
- Ottimistico: questo stile è caratterizzato da una prevalenza di emozioni positive su quelle negative. La concentrazione è rivolta prevalentemente sulle modalità più efficaci per risolvere il compito piuttosto che sui risultati o giudizi.
- Difensivo pessimistico: questi individui hanno buone capacità di pianificazione ma provano anche emozioni negative. In questo caso è la paura dell’insuccesso che motiva ad affrontare con tenacia le diverse situazioni.
- Self-handicapping: queste persone attuano comportamenti irrilevanti per il compito, pianificano poco e non sono concentrati sullo stesso.
- Impulsivo: ridotta pianificazione e strategicità, chi si colloca in questo stile prova un buon entusiasmo iniziale ma si concentra poco successivamente a causa di una caduta motivazionale.
Bibliografia
Atkinson, R.C., & Hilgard, E.R., (2006). Introduzione alla Psicologia. Padova:
Piccin
Berlyne,
D.E., (1960). Conflict, arousal, and
curiosity. New York: McGraw-Hill
De Beni, R., & Moè, A., (2000). Motivazione e apprendimento. Padova: il Mulino
Eronen, S., Nurmi, J.E., & Samela-Aro, K., (1998). Optimistic defensive-pessimistic, impulsive and self-handicapping
strategies in università environments. Learning
and Instruction, 8 (2), 159-177
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