Secondo la teoria di Atkinson e Shiffrin la memoria è divisa in tre domini: memoria sensoriale, memoria a breve termine e memoria a lungo termine.
La memoria sensoriale contiene tutte le informazioni temporali catturate dagli organi di senso, è un deposito temporaneo le cui informazioni decadono dopo poche decine di secondi e parte dell’informazione catturata può eventualmente passare alla memoria a breve termine.
La memoria a breve termine (MBT) raccoglie le informazioni sensoriali a cui si presta attenzione. Quindi le informazioni contenute in questo magazzino sono coscienti, facilmente accessibili, decadono dopo circa una ventina di secondi.
La memoria a lungo termine (MLT) è il deposito in cui conserviamo tutte le informazioni di cui disponiamo. Attraverso dei processi elaborativi le informazioni della memoria a breve termine passano a questo magazzino di capacità illimitata.
La memoria sensoriale.
Il materiale in entrata nella memoria sensoriale non è riconosciuto finché non passa alla MBT. Possiamo dire che la quantità di informazione in ogni istante presente nelle nostra memoria sensoriale è molto maggiore di quella che riusciamo effettivamente a recuperare qualora ci venga chiesto di farlo. Un esperimento di Sperling (1960) dimostra molto bene questo assunto. Se presentiamo per un ventesimo di secondo una grande quantità di informazione (12 lettere disposte in 3 righe da quattro) e chiediamo al soggetto sperimentale di riportare quante più lettere ricorda (rapporto completo) egli riuscirà a riportare circa 4,5 lettere. Ma se a seguito della presentazione della stimolo noi gli chiedessimo di riportare una riga precisa delle tre lui riuscirebbe nel compito indipendentemente dalla riga richiesta. Questo implica che la disponibilità di lettere comprende la totalità dello stimolo. Il problema quindi è il decadimento rapido dell’informazione sensoriale, dimostrato sempre da Sperling (aumentando la latenza tra la presentazione dello stimolo e la richiesta di riportare le lettere il recupero è meno efficace), che pone un limite a quanto riusciamo effettivamente a riportare.
La memoria a breve termine.
Codifica: nella MBT troviamo solo ciò che è stato selezionato tra le informazioni sensoriali percepite ovvero quelle a cui abbiamo prestato attenzione. Le informazioni vengono ritenute nella MBT sia secondo il codice visivo, sia secondo il codice acustico e sia attraverso quello semantico. Quale modalità sia preferita dipenderà dal tipo di stimolo: item verbali verranno codificate secondo il codice acustico (infatti è più difficile ricordare l’ordine di lettere dal suono simile) e immagini fotografiche invece saranno codificate secondo il codice visivo (che tuttavia si cancella più rapidamente). In generale sembra che la MBT abbia due magazzini: uno acustico e uno visuospaziale (separati anche per struttura cerebrali sottostanti).
Immagazzinamento: la capacità della MBT è limitata, può trattenere 7± 2 elementi. Lo span di memoria aumenta se consideriamo la possibilità di aggregare tra loro gruppi di elementi (chunking). Se ci venisse presentatala sequenza di lettere OUTETNEMARECNIS probabilmente non riusciremmo a ricordarla. Ma se ci accorgessimo che al contrario le lettere compongono la frase SINCERAMENTE TUO allora il compito diventerebbe semplicissimo. Nel chunking viene usata la memoria a lungo termine per ricodificare il materiale percepito in unità più capienti di significato.
Recupero: quando un certo numero di informazioni è attivo nella MBT nel dato momento, il recupero di una di esse non è immediato ma segue una ricerca seriale tra tutti gli elementi attivi. È stato dimostrato che aumentando il numero degli elementi attivi aumenta il tempo necessario per il recupero di uno di essi (l’aumento è lineare, circa 40 ms in più per ogni item).
La MBT è determinante per il pensiero, ovvero per la soluzione cosciente dei problemi. Basta pensare che per eseguire a mente un calcolo più o meno semplice è necessario ritenere nella MBT le informazioni di base del problema (ad esempio 5X3), richiamare dalla MLT i significati dei termini coinvolti nel problema (cosa vuol dire 5, cosa vuol dire 3 e cosa vuol dire X) e combinare le informazioni. A conferma di questa funziona della MBT sono stati condotti degli esperimenti in cui si valutavano gli effetti di un compito distraente (ricordare, ad esempio un numero) sulla performance di calcolo. Allo stesso modo la MBT è indispensabile nei processi linguistici come seguire una conversazione o leggere un testo. La lettura e in generale la comprensione verbale prevede che le informazioni in entrata vengano collegate con quelle già apprese.
Nel modello proposto da Baddeley e Hitch nel 1974 la Working Memory è un sistema composto da tre componenti:
1. Un esecutore centrale modalità-indipendente simile all’attenzione: ha capacità limitata e viene usato quando sia ha a che fare con i compiti cognitivamente più impegnativi; gli altri due sono sistemi gregari.
2. Un circuito articolatorio che conserva l’informazione in forma fonologica (basata sul linguaggio.
3. Un taccuino visuospaziale specializzato nella codificazione spaziale e/o visiva.
Le informazioni contenute nella MBT possono essere trasferite alla MLT. Il metodo di trasferimento più studiato è la ripetizione. Possiamo identificare due tipi di ripetizione:
· Ripetizione di mantenimento: si continua a ripetere l’informazione che si vuole mantenere nella MBT. Ad esempio potremmo ripeterci mentalmente un numero di telefono per non dimenticarlo fino al momento in cui ci sarà possibile scriverlo.
· Ripetizione elaborativa: sono gli sforzi per codificare l’informazione nella memoria a lungo termine. Ad esempio potremmo cercare di ricordare un numero di telefono associando le cifre che lo compongono a date familiari.
In generale, dagli esperimenti di “richiamo libero” (faccio sentire o leggere una lista di item al soggetto e lui dovrà elencare tutti quelli che ricorda) emerge che da una lista di item sono più frequentemente ricordati i primi e gli ultimi. I primi (effetto primacy) si ricordano perché ormai trasferiti alla MLT mentre gli ultimi (effetto recency) si ricordano perché ancora attivi nella MBT.
La memoria a lungo termine.
Codifica.
La codifica nella MLT si basa sul significato degli elementi. La codifica a livello semantico nella MLT avviene anche su parole ma a titolo esemplificativo è estremamente evidente quando ci riferiamo a frasi. Dopo pochi minuti dalla lettura di una frase probabilmente non saremo in grado di riportarla esattamente parola per parola tuttavia riusciremo facilmente a riferirne il contenuto. La codifica semantica non è l’unica infatti siamo in grado di ricordare poesie a memoria, di riconoscere un tono di voce come familiare o di associare un odore ad un cibo. Tuttavia il canale semantico resta il privilegiato, per questo motivo se dobbiamo imparare nozioni nuove il nostro studio sarà molto più efficace se durante il processo di codifica lavoriamo sul significato del materiale.
Recupero.
Spesso il fatto di non riuscire a ricordare qualcosa non significa che abbiamo perso l’informazione (oblio) bensì semplicemente che non riusciamo a recuperarla perché cerchiamo nel modo o nel posto sbagliato. A tutti sarà capitato di sforzarsi inutilmente per ricordare un’informazione che torna alla memoria magicamente qualche tempo dopo. Questo fenomeno si può spiegare tenendo presente che ricordiamo meglio quando siamo aiutati da alcuni indizi associati al ricordo. A riprova di questo fenomeno noi riusciamo meglio in prove che prevedono il riconoscimento (test di riconoscimento) di stimoli già visti in precedenza rispetto a prove in cui dobbiamo ripetere gli elementi memorizzati senza o con minimi spunti di recupero (test di richiamo).
L’elemento che maggiormente interferisce con il recupero delle informazioni immagazzinate nella MLT è l’interferenza. Quando diversi elementi sono associati con uno stimolo, se cerchiamo di utilizzare quello stimolo per recuperare uno degli elementi a lui associato faremo fatica poiché si attiveranno anche gli altri. Ad esempio potremmo pensare di dover ricordare il numero di telefono del nostro vecchio partner, troveremo difficile ricordarlo poiché usando lo stimolo “numero di telefono del mio partner” attiveremo il numero di quello nuovo interferendo con il recupero del vecchio numero (interferenza retroattiva). Allo stesso modo potremmo dover raggiungere la casa del nostro nuovo partner e le prime volte faticare a trovare nella memoria il percorso da fare perché lo stimolo “casa del partner” attiva il percorso che facevate per andare da quello vecchio (interferenza proattiva).
In generale possiamo pensare al recupero dalla MLT come ad un processo di ricerca. Lo stimolo target, che attiva la ricerca di un’informazione in memoria, attiva diversi concetti a esso associati. Maggiore è il numero di concetti associati a lui, maggiore sarà il tempo necessario per verificare quale associazione sia quella desiderata. Potremmo allo stesso modo ragionare in termini di attivazione. Maggiore è il numero dei concetti associati con lo stimolo target, maggiore è la dispersione dell’attivazione tra in concetti e conseguentemente minore sarà la salienza del concetto desiderato.
Tulving (1972) delinea una differenza qualitativa tra le informazioni racchiuse nella nostra MLT. Egli distingue tra memoria episodica, la quale fa riferimento al ricordo di specifici eventi personali e la memoria semantica, che, invece, fa riferimento a tutte le informazioni che costituiscono il nostro bagaglio di informazioni sul mondo. Seppur è chiara la distinzione tra i diversi tipi di informazioni contenuti nelle due memorie, la teoria di Tulving è stata dibattuta sull’utilità poiché non sembra vi siano differenze nei processi che le guidano.
Cohen e Squire (1980) propongono una distinzione tra memoria dichiarativa e memoria procedurale per spiegare differenti tipi di amnesie che potevano colpire i ricordi di una persona ma lasciare intatta la sua capacità di eseguire dei compiti o viceversa. Ad esempio c’erano pazienti incapaci di definire la funzione di un cucchiaio ma essere in grado di sceglierlo come posata per mangiare la minestra: pur non ricordando cosa fosse ne ricordavano la modalità d’utilizzo. Nella definizione di Cohen (1984) la memoria procedurale è coinvolta quando l’esperienza serve ad influenzare l’organizzazione dei processi che guidano la performance senza che vi sia accesso alle conoscenze che sottendono la performance stessa mentre la memoria dichiarativa è rappresentata in un sistema compatibile con la tradizionale metafora della psicologia sperimentale, nella quale si dice che l’informazione è prima elaborata o codificata, quindi immagazzinata in qualche forma esplicitamente accessibile all’uso successivo ed infine recuperata a richiesta.
Graf e Schachter (1985) hanno tracciato la distinzione tra memoria implicita e memoria esplicita. La memoria implicita si manifesta quando la prestazione in un compito è facilitata senza bisogno di un ricordo consapevole mentre la memoria esplicita si manifesta quando la prestazione in un compito richiede il ricordo consapevole delle esperienze precedenti.
Bibliografia.
Atkinson, R.C., & Hilgard, E.R., (2006). Introduzione alla Psicologia. Padova: Piccin
Baddeley, A.D., & Hitch, G., (1974). Working memory. In G.H. Bower (Ed.), The psychology of learning and motivation, Vol. 8. London: Academic Press
Cohen, N.J., (1984). Preserved learning capacity in amnesia: Evidence for multiple memory systems. In L.R. Squire & N. Butters (Eds.), Neuropsychology of Memory. New York: Guilford Press.
Cohen, N.J., & Squire, L.R., (1980). Preserved learning and attention of pattern-analyzing skill in amnesia using perceptual learning. Cortex, 17, 273-278
Eysenck, M.W., & Keane M.T., (1998). Manuale di Psicologia Cognitiva. Milano: Edizioni Sorbona
Graf, P., & Schachter, D.L., (1985). Implicit and explicit memory for new associations in normal and amnesic subjects. Journal of Experimental Psychology: Learning, Memory and Cognition, 11, 501-518
Tulving, E., (1972). Episodic and semantic memory. In E. Tulving & W. Donaldson (Eds.), Organisation of Memory. London: Academic Press
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