domenica 5 febbraio 2012

Knowledge in context. Representations, Community and culture - Sandra Jovchelovitch


Capitolo 1 – Conoscenza, influenza e interazione
Rappresentare, cioè rendere presente ciò che è assente, è centrale nello sviluppo ontogenetico del bambino, è alla base della costruzione del linguaggio e dell’acquisizione della parola, è cruciale allo stabilirsi delle interrelazioni che costituiscono l’ordine sociale ed è il materiale attraverso il quale si formano le culture e si trasformano nello spazio e nel tempo. Le rappresentazioni non sono immagini della realtà e neanche puramente costruzioni mentali dell’individuo. Esse coinvolgono un lavoro simbolico che emerge dalle interrelazioni tra il Sé, gli altri e gli oggetti del mondo, e così hanno il potere di significare, costruire significati, creare realtà. Per questo è importante studiare sia come le rappresentazioni si costituiscano nel corso dello sviluppo ontogenetico del bambino, sia comprendere il processo sociale che le legano alle disposizioni istituzionali, all’azione sociale, alle dinamiche attive della vita sociale, dove i gruppi e le comunità si incontrano, comunicano e si scontrano.

La psicologia sociale delle rappresentazioni
Lo studio delle rappresentazioni in psicologia sociale deve passare attraverso la considerazione del significato e della funzione simbolica nella costruzione della realtà. Attraverso le rappresentazioni gli individui e le comunità non dipingono semplicemente un oggetto dato ed uno stato delle relazioni nel mondo, ma dischiudono chi essi sono e i temi che sono per loro importanti, le interrelazioni in cui sono coinvolti e la natura dei mondi sociali in cui abitano. Significato e contesto sociale forniscono le lenti teoretiche attraverso le quali è possibile cercare le risposte alle domande legate alla produzione e trasformazione della conoscenza, le sue relazioni ai contesti sociali e culturali e la diversità delle forme che assume nelle sfere pubbliche contemporanee. Attraverso questa prospettiva è possibile riconsiderare alcuni temi cardine della psicologia sociale:
  • Relazione soggetto-oggetto: la storia della psicologia ha evidenziato una divisione netta tra soggetto e oggetto costruendo una dicotomia che ha condotto alla definizione di teorie puramente oggettiviste o puramente soggettiviste. Le origini di tale divisioni sono, secondo l’autrice, da rilevare nell’opera cartesiana e dalla contrapposizione tra res extensa e res cogitans. Questo lavoro intende studiare lo spazio di mediazione nel cui mezzo (in between) si attuano le relazioni intersoggettive e interoggettive.
  • Psicologia sociale della conoscenza: la rappresentazione è qui descritta come un processo di costruzione ad architettura triangolare: soggetto-altro-oggetto. Le rappresentazioni costituiscono tutta la conoscenza che un individuo ha e può avere.
  • La razionalità della conoscenza e la sua diversità: la tradizione ha cercato di distinguere le modalità di acquisire la conoscenza in modo gerarchico o distinguendo tra idee primarie e secondarie. L’abbandono di una visione esclusivamente mentalista della rappresentazione può portare a considerare ulteriori modalità di organizzazione delle conoscenze e delle diversità riscontrabili nei diversi contesti.
Gli autori di psicologia evolutiva che si sono occupati del processo di genesi delle rappresentazioni sono Piaget e Vygotski. Le teorie di questi autori, pur essendo state messe spesso in contrasto, hanno tre punti in comune: il metodo genetico, il primato delle relazioni sé-altri, l’importanza della funzione simbolica. Durante lo sviluppo le rappresentazioni si formano in quello spazio potenziale tra il sé e l’altro, tra il principio di piacere e il principio di realtà. Anzi la rappresentazione simbolica costruisce questo stesso spazio fondendo le dimensioni e creando conoscenza. Due processi che derivano dallo spazio potenziale e sono in funzione della rappresentazione simbolica sono la condensazione e il dislocamento. La condensazione si riferisce all’abilità della funzione simbolica di condensare e unire cose diverse, eventi e persone così da rientrare in un’unica rappresentazione simbolica. Il dislocamento procede invece spostando le cose da una rappresentazione ad un’altra in base alla volontà razionale o emotiva.
La rappresentazione ha una natura polivalente: è una costruzione ontologica, epistemologica, psicologica, sociale, culturale e storica. Ontologica, perché gioca un ruolo costitutivo nell’emergenza della soggettività umana e dell’identità; epistemologica, perché costruisce conoscenza sugli oggetti, su di sé e sugli altri; psicologica, perché mette in gioco processi legati all’area cognitiva ed emotiva; sociale, culturale e storica perché è nell’intersoggettività che trova la sua condizione di possibilità e l’oggetto di rappresentazione viene dalla comprensione del momento culturale e storico.

Capitolo 2 – Rappresentazioni sociali e la diversità della conoscenza
(vedi teoria delle rappresentazioni sociali di Moscovici su Palmonari) Lévy-Bruhl riconsiderò gli studi di Durkheim partendo dal presupposto che il pensiero degli uomini appartenenti alle culture esotiche non fosse localizzabile ad un livello inferiore di sviluppo intellettuale, ma dovesse essere considerato semplicemente come un modo diverso di pensare, come in ogni comunità esistono modi diversi di vedere le cose. Lévy-Bruhl cominciò il lavoro completato poi da Geertz di cercare l’unità tra le diversità: descrisse le diversità nelle culture umane per poter dimostrare la tesi che la mente umana è in realtà uguale in tutte le culture, ma è il contesto che la porta ad evolversi in un dato modo. Identificò alcune rappresentazioni collettive comuni alle culture e descrisse il principio di partecipazione come condizione fondamentale della costruzione della rappresentazione.
L’impatto della visione di Piaget sul lavoro di Moscovici è vasto e l’ha portato a considerare la psicologia sociale come una scienza di sviluppo e cambiamento, più che una reazione ad ambienti fissi. Nel lavoro di Piaget sono rintracciabili influenze di Durkheim e di Lévy-Bruhl e i punti principali si possono riassumere nel seguente modo: 1. Afferma che la logica non è innata ma sociale; 2. La definisce come uno stato caratteristico della fine dello sviluppo, uno stato di equilibrio; 3. C’è una continuità funzionale nello sviluppo concepito come una marcia progressiva; 4. Le strutture successive che costituiscono lo sviluppo sono eterogenee.
Vygotsky invece considera lo sviluppo non in modo lineare come Piaget, ma teorizza una trasformazione discontinua tra modalità di conoscenza, in cui il processo principale è la coesistenza, più che la sostituzione. Prendendo come esempio il linguaggio, egli osservò come seppur vi siano infinite possibili linguaggi al mondo, tuttavia tutte le comunità condividono la capacità di parlare: per questo si deve considerare come la conoscenza sia veicolata dalle influenze sociali e culturali che modellano abilità innate e che integrano senza sosta le informazioni ricevute con quelle già assimilate.
Il lavoro di Freud getta uno sguardo all’inconscio ed in particolare al processo di interiorizzazione attraverso il quale le conoscenze di tanti diventano la conoscenza di uno, e dal conscio entrano nell’inconscio. Questo processo, che secondo l’autore comincia quando il bambino comincia a porsi delle domande sui tabù del mondo degli adulti, compongono la grammatica primitiva delle modalità di rappresentazione dell’individuo.
Quindi, affermare che la conoscenza si forma legata al contesto socio-culturale in cui l’individuo è inserito, porta a considerare che la conoscenza varia a seconda dello spazio e del tempo. Allo stesso modo cambiano le strutture psichiche e cognitive. Il quesito di come l’individuo forma questa conoscenza ha portato Moscovici a formulare il concetto di polifasia cognitiva per spiegare l’eterogeneità del campo rappresentazionale. Ha introdotto questo concetto sotto forma di ipotesi per comprendere come diversi tipi di razionalità fossero coinvolti nella costruzione della rappresentazione. Diverse modalità di conoscenza dipendono dal contesto in cui sono prodotte e sono rivolte a rispondere a diversi fini. Nelle comunità (e nell’individuo) diverse razionalità che interagiscono con le circostanze situazionali co-producono diverse conoscenze che coesistono in equilibrio. Il concetto di polifasia cognitiva risponde esattamente a questo mosaico. La conoscenza deve essere quindi considerata come plurale e plastica, una forma che emergere in modo continuo e dinamico capace di disporre di tante razionalità quante sono richieste dall’infinità varietà delle situazioni socioculturali che caratterizzano l’esperienza umana.

Capitolo 3 – Conoscenza, comunità e sfere pubbliche
Se per la maggior parte degli individui la comunità è un’entità data, d’altra parte lo stare insieme è un lungo e laborioso processo intensivo che necessita di essere costruito: è una conquista. Per agire in concerto è necessario comprendersi, comunicare, costruire un linguaggio, formare gruppi, dividere compiti, conoscere gli altri e mostrare se stessi.

Comunità: la comunità non è né una totalità omogenea, né un’aggregazione di individui monadi. È un campo di tensioni ed interrelazioni che rimane in un tutto indefinito, sempre aperto al cambiamento da dentro e da fuori. Per teorizzare la comunità occorre partire dal concetto di confini. L’approccio socio-psicologico necessita di indagare quei confini rappresentati e definiti simbolicamente dagli attori sociali. la comunità produce i confini attraverso attività relazionali all’interno della comunità, da coloro che si sentono parte della comunità, e all’esterno tra comunità diverse. La comunità produce conoscenza comune che offre nodi di connessione da cui l’esperienza di appartenenza emerge. Le narrazioni dei singoli sono così intrecciate con le narrazioni comunitarie che le storie dei singoli raccontano la storia di una comunità. Allo stesso modo, quando si raccontano gli eventi di una comunità, ogni individui può trovare in essi una parte di sé. Questi sentimenti di collegamento sono alla base dell’esperienza di appartenenza. Se la conoscenza comune della comunità può sembrare data e disponibile, allo stesso tempo i suoi orizzonti sono costruiti quotidianamente. Questa conoscenza comune nella vita quotidiana viene negoziata dagli attori attraverso il processo che Habermas definisce comprensione condivisa del mondo. La comunità si basa su un senso di uguaglianza tra i suoi membri (così come di differenza rispetto ai non-membri); questa uguaglianza nasce dalla memoria sociale della comunità, che costituisce i possibili repertori di linguaggio, credenze sociali e significati simbolici disponibili nel presente, organizzati solitamente come l’identità culturale e le rappresentazioni sociali della comunità. Attraverso le narrazioni che si legano gli eventi in una storia coerente che tesse la trama dell’identità sociale. La narrazione è uno dei mezzi fondamentali attraverso cui le comunità comprendono il loro passato e il loro presente e progettano i loro obiettivi per il futuro. la capacità di una comunità di crescere dal passato, di dare un significato al presente e di proiettarsi in un futuro dipende molto dallo scarto che sussiste tra le narrazioni possibili e quelle che possono effettivamente essere comunicate all’interno della comunità. Ciò conduce allo studio delle sfere pubbliche e come queste contribuiscono alla produzione dei significati.

Sfere pubbliche: uno spazio comune a tutti i membri della comunità e dove la vita comunitaria diventa visibile e conosciuta alla comunità stessa. Le sfere pubbliche sono punti di incontro, siti di connessione e comunicazione la cui caratteristica principale è produrre visibilità, così che i temi di interesse comune possono emergere e la pluralità delle prospettive che costituiscono la comunità può essere trattata e risolta. In questo senso la sfera pubblica è uno spazio potenziale (vedi cap. 2). È la comunità stessa che crea le sfere pubbliche e queste possono essere di diverso tipo; comprenderle può essere un importante strumento diagnostico per comprendere come funziona la comunità stessa. Il termine pubblico indica due fenomeni interrelati ma non identici: indica qualcuno che può essere visto e sentito da tutti; indica il mondo che è comune a tutti noi e distinto dal nostro spazio privato. La condizione che pone la parola e l’azione all’interno di questa partecipazione pubblica è la pluralità umana, riferita sia all’eguaglianza e alla distinzione, sia alla somiglianza e alla differenza. La pluralità ha il suo luogo nel pubblico e compone le fondamenta della comunità, insieme alla parola, alle azioni, alla diversità, al dialogo e al consenso. Il dialogo e l’argomentazione sono procedure per trattare le prospettive e la pluralità. Le differenze di prospettive e la pluralità devono essere considerate nella comunità al fine di creare consenso e orientare l’azione comune (un esempio è la sfera pubblica borghese di Habermas, la cui critica maggiore è il fatto che comunque tali sfere pubbliche non garantivano accessibilità e pubblicità per tutti).

Conoscenza e sfere pubbliche: si può dire che la teoria di Moscovici nasce dal confronto tra la teoria della perfetta conformità sociale di Durkheim e la teoria dell’innovazione e dell’influenza delle minoranze di Weber. L’autore infatti localizza nell’innovazione, nell’importanza degli individui e nelle trasformazioni delle minoranze attive le forze che possono imporre la forma e la natura della sfera pubblica. Le rappresentazioni collettive rappresentano la tradizione e la conformità della comunità e contribuiscono alla formazione del sentimento di coesione. Esse comprendono le idee, emozioni, rituali e costumi messi in atto e portati avanti dagli individui, ma su cui gli individui stessi hanno poco controllo. In questo tipo tradizionale di sfera pubblica, le rappresentazioni collettive emergono come un tipo di conoscenza quotidiana che tutti i membri condividono e che opera come una forza legante: sono prodotte attraverso condizioni di grande asimmetria tra i partecipanti; sono fortemente legate e dipendenti dai rituali, e le condizioni per i loro cambiamenti sono minime. Tuttavia il contesto attuale ovviamente è molto più permeabile alle pressioni diverse dalle rappresentazioni collettive, e le comunità oggi infatti è molto difficile che vivano solo di esse (detradizionalizzazione – un processo che squarcia la sfera pubblica e la apre a pratiche di contestazine, argomentazione e dibattito). Moscovici parla di disincanto del mondo (ispirandosi a Weber), indicando il duplice aspetto di perdita della “magia” e della “fede” verso le utopie e le speranze. In questo contesto appunto, pur riconoscendo l’importanza delle rappresentazioni collettive, ne analizza i limiti e si concentra invece sull’evoluzione e sul cambiamento delle conoscenze nelle comunità. Da qui sostiene quindi che la religiosità e l’automatismo della riproduzione dei rituali ha lasciato spazio ad un clima di confronto (basato sul ruolo centrale della linguistificazione della vita quotidiana) su ciò che le comunità ritengono rilevante basato sulla parità e sull’equità nella sfera pubblica. In questo modo le rappresentazioni collettive si presentano come date, ma sottoposte continuamente ai diversi punti di vista, alla negoziazione e contraddizione in un continuo processo di costruzione simbolica.

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